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Argomenti: Addiction e dipendenze comportamentali Neurobiologia e dipendenze La società additiva Disturbo da gioco d'azzardo Internet Addiction Internet Gaming Disorder Le sostanze Le droghe Sostanze "UP"- Psicoanalettiche Sostanze "DOWN"- Psicolettiche Love Addiction Pattern di interrazione tra dipendenze La riduzione del danno Gli assi di intervento
Tipologia: Appunti
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la società additiva. relazione tra modello sociale e sviluppo di addiction significato e definizione dei concetti di uso/abuso/dipendenza addiction vs Dependence. Addiction e società: i paradigmi interpretativi dal termometro della temperanza alle neuroscienze ed il Brain Disease Model of Addiction la dipendenza patologica: quale diagnosi e quali trattamenti. La diagnosi di addiction: DSM 5 e CD- le diverse tipologie di addiction. Addiction da sostanze legali e da sostanze illegali (cenni) le sostanze: Caratteristiche, tipologie, modalità di uso e abuso (cenni). Legislazione e addiction (cenni) le dipendenze comportamentali: gioco d’azzardo, sexual and love addiction, internet e addiction. come si sviluppa una addiction e quali elementi la costituiscono: craving, tolerance, arousal, astinenza, etc il tema della comorbidità (cenni) teorie e modelli interpretativi. Le principali teorie psicologiche delle addiction: psicodinamica, sistemica, cognitivo comportamentale, psicosociale il Modello trivariato: soggetto/contesto/sostanza (comportamento) diffusione delle addiction in relazione al modello sociale ed economico. Fattori di rischio e fattori di protezione. Modelli ed esperienze di prevenzione, riduzione del danno, trattamenti il colloquio motivazionale
Addiction deriva dal latino addictus: colui che, a causa del suo comportamento, si indebitava fino a rendersi schiavo del proprio creditore. Quest’ultimo aveva facoltà di tenerlo in catene nel suo carcere privato e, trascorsi sessanta giorni (durante i quali chiunque poteva saldare il debito per riscattarlo), poteva venderlo come schiavo o addirittura ucciderlo. Le due facce dell’Addiction Una è legata alla desoggettivazione, alla negazione di senso, alla trasgressione,alla fuga Una ad una ricerca di senso che può approdare nella dipendenza come “effetto compiuto” ancorché patologico. Modello Trivariato delle Addiction
**1. Soggetto
2. Pensieri disfunzionali e convinzioni irrazionali Le persone dipendenti spesso presentano pensieri distorti (detti anche “pensieri naif”) sul comportamento di dipendenza. Ad esempio, nel gioco d’azzardo è comune credere che si tratti di una questione di abilità piuttosto che di fortuna, o che “prima o poi” arriverà la vincita. L’approccio aiuta a prendere consapevolezza di queste distorsioni cognitive e a sostituirle con pensieri più realistici e funzionali. 3. Capacità di coping La capacità di coping è fondamentale: rappresenta l’insieme delle strategie che una persona mette in atto per fronteggiare le situazioni ad alto rischio. Una buona capacità di coping permette di affrontare il disagio senza ricorrere al comportamento di dipendenza. Se questa abilità è scarsa o assente, aumenta il rischio di ricaduta. 4. Aspettative sugli effetti positivi Un altro elemento critico sono le aspettative che il soggetto ha sull’efficacia della dipendenza nel gestire il proprio malessere. Ad esempio, se una persona crede fortemente che giocare o bere lo aiuti a sentirsi meglio o a dimenticare i problemi, sarà più incline a ricadere. 5. Effetto “violazione dell’astinenza” Quando avviene una prima ricaduta, è importante il significato che la persona le attribuisce. Se viene vissuta come un fallimento personale o una prova di “debolezza”, si innesca facilmente un effetto domino: una seconda violazione e, spesso, l’abbandono del percorso terapeutico. Al contrario, comprendere che si tratta di una fase del processo e non di un fallimento aiuta a riprendere il controllo e continuare nel trattamento. Identificare i Trigger: Modello LAMPE Per facilitare il riconoscimento dei trigger personali, si utilizza spesso il modello LAMPE, che aiuta a mappare le situazioni a rischio: Luoghi → ambienti associati all’abitudine disfunzionale (es. bar, casa di un ex partner, sala giochi) Attività → azioni che innescano l’impulso (es. navigare sui social, restare soli la sera) Momenti → fasi della giornata o giorni specifici (es. week-end, feste, anniversari) Persone → relazioni o contatti che possono influenzare negativamente (es. amici che usano sostanze o ex tossicodipendenti) Emozioni/Pensieri → stati interni come tristezza, rabbia, solitudine o pensieri automatici negativi I 7 Passaggi del Circolo della Ricaduta
Trigger / Stimoli ad alto rischio Situazioni emotive, relazionali o ambientali che precedono la messa in atto del comportamento. Credenze disfunzionali / maladattive Idee irrazionali sulle sostanze o comportamenti ("se lo faccio mi sentirò meglio", "ne ho bisogno"). Pensieri automatici Frasi interiori rapide e spesso inconsce che giustificano l'azione ("chi se ne importa", "è solo una volta"). Appetizione patologica / craving Sensazioni fisiche e psicologiche intense, accompagnate dal bisogno urgente di sollievo attraverso l'atto compulsivo. Pensieri permissivi Giustificazioni razionali che autorizzano la ricaduta ("sono stato bravo finora", "posso permettermelo"). Strategie per procurarsi la sostanza / atto Azioni pianificate o impulsive per ottenere l’oggetto della dipendenza (sostanza, persona, situazione). Uso / Ricaduta Attivazione del comportamento disfunzionale e successivo vissuto di colpa, fallimento o ricompensa momentanea. Cancrini: Tipologie di Tossicodipendenza Cancrini identifica 4 grandi tipi di dipendenza legati a specifici vissuti psicologici e familiari: Tipo 1 – Tossicomanie post-traumatiche Innescate da traumi evidenti (lutti, separazioni, abbandoni). La sostanza viene usata per anestetizzare il dolore. Spesso soggetti apparentemente “esemplari” prima dell’evento. Tipo 2 – Tossicomanie da nevrosi familiare Coprono un disagio nevrotico vissuto in famiglie conflittuali.
Attenzione e cura Un sintomo può attirare l'attenzione degli altri membri della famiglia, portandoli a fornire supporto e attenzione al membro che manifesta il sintomo. Questo può temporaneamente alleviare tensioni o conflitti latenti all'interno della famiglia. Ruolo di scudo In alcune situazioni, un sintomo può fungere da "scudo" per evitare di affrontare problemi più profondi o conflitti irrisolti tra i membri della famiglia. Ad esempio, se un bambino manifesta ansia, questo può distrarre la famiglia da problemi più gravi, come conflitti coniugali o difficoltà finanziarie. Rituali familiari Il sintomo può diventare parte di rituali o dinamiche familiari, contribuendo a dare un senso di identità o coesione al gruppo, anche se in modo disfunzionale. Espressione di emozioni Un sintomo può rappresentare un modo per esprimere emozioni o stress che non possono essere verbalizzati. In questo senso, il sintomo diventa una manifestazione visibile di tensioni interne alla famiglia. In terapia familiare, comprendere la funzione omeostatica di un sintomo può aiutare i terapeuti a lavorare con i membri della famiglia non solo per affrontare il sintomo stesso, ma anche per esplorare e modificare le dinamiche familiari che lo sostengono. Questo approccio può contribuire a una guarigione più profonda e a un miglioramento delle relazioni all'interno della famiglia. Modello Neurobiologico L ’addiction all’interno dello stesso sistema regolatore della motivazione umana, identificato con le vie dopaminergiche mesotelencefaliche. Ipotesi: l’assunzione di diverse sostanze psicotrope determina un aumento dell’attività di rilascio della dopamina, da parte dei neurotrasmettitori, all’interno del sistema neurale
deputato a rinforzare i comportamenti adattivi e a rendere attrattivi tutti quegli stimoli che si presentano associati all’attivazione del sistema Ruolo del circuito della dopamina nelle dipendenze e nel sistema della ricompensa del cervello La dopamina svolge un ruolo chiave nella gestione del sistema delle ricompese (reward) ed è chiamata in causa all’interno dei processi che instaurano dipendenza verso stimoli psicologici e fisici. La sua azione è mediata attraverso il circuito che coinvolge diverse regioni cerebrali interconnesse. Si può pensare il circuito della dopamina come una strada a senso unico con tre importanti destinazioni: l’area tegmentale ventrale (VTA), il nucleo accumbens (NAc) e la corteccia prefrontale. La prima parte del circuito si trova nell’area tegmentale ventrale (VTA), una piccola regione nel cervello. Qui ci sono dei neuroni speciali chiamati neuroni dopaminergici. Questi neuroni producono la dopamina e la rilasciano nelle altre parti del circuito. Il secondo stop è il nucleo accumbens (NAc), che è una struttura coinvolta nel sistema di ricompensa del cervello. Questo è il luogo in cui la dopamina ha un effetto molto importante. Quando i neuroni dopaminergici nel VTA rilasciano dopamina nel NAc, creano una sensazione di piacere e gratificazione. È come si premesse un pulsante che fa sentire felice e soddisfatto il soggetto. Infine, la dopamina viaggia dalla NAc alla corteccia prefrontale, che è una parte del cervello coinvolta nella pianificazione, nel prendere decisioni e nell’elaborazione delle emozioni. Qui la dopamina svolge un ruolo importante nell’influenzare l’attenzione, la motivazione e la capacità di valutare le ricompense. In sintesi, i neuroni dopaminergici nel VTA producono e rilasciano dopamina nel NAc, creando una sensazione di piacere e gratificazione. Questo sistema di ricompensa è coinvolto nel motivare le persone a cercare esperienze piacevoli. La dopamina viaggia poi alla corteccia prefrontale, dove influisce sulla nostra capacità di prendere decisioni e di provare motivazione. Edward John Khantzian: Ipotesi dell’autoterapia Gli individui non abuserebbero di sostanze per provare piacere o per autodistruggersi, ma per tentare di alleviare la propria sofferenza. Sebbene a lungo termine questo comportamento causi grandi problematiche, tuttavia, a breve termine il soggetto scopre che le sostanze riescono a «sollevarlo» da sentimenti di ansia, angoscia, sofferenza e lo aiutano a gestire emozioni e comportamenti distruttivi.
studiando questi ultimi anni: un’impresa scientifica che certamente ci permetterà di spiegare più ragionevolmente la patologica irrazionalità che continuiamo ad attribuire alle dipendenze. Ipotesi su stili di attaccamento ed uso di sostanze Individui che possiedono uno stile ambivalente sono collocati sulla dimensione dell’ansia, per questo possiedono strategie ipereattive e possono fare uso di sostanze stimolanti. I soggetti della categoria evitante sono collocati sulla dimensione dell’evitamento, sono caratterizzati da strategie di evitamento e spesso fanno uso di sostanze sedanti. individui che possiedono un attaccamento di tipo disorganizzato sono collocati su entrambe le dimensioni, non possiedono strategie di coping funzionali e spesso fanno uso di eroina e altri oppiacei. NEUROBIOLOGIA E DIPENDENZE Punto di vista anatomo-funzionale Il sistema di ricompensa è un struttura funzionale complessa: origina nei nuclei profondi dell’encefalo; è distribuita soprattutto nei centri cerebrali preposti al controllo degli equilibri fisiologici(dove vengono valutati i bisogni organici); entri cerebrali implicati nel comportamento motivazionale ed emozionale proietta e riceve fibre nervose dopaminergiche anche dalla corteccia cerebrale, cioè dalla sede dei processi psichici superiori. Circuito cerebrale del piacere Il centro del piacere è formato da varie zone cerebrali specifiche, come l’area tegmentale ventrale (VTA), che proietta le connessioni neuronali verso altre aree implicate in questo processo. Queste aree sono: il nucleus accumbens il corpo striato la corteccia
cingolata anteriore l’ippocampo l’amigdala la corteccia cerebrale Ognuno dei centri implicati nel processo del piacere o della ricompensa è collegato a diverse funzioni: il corpo striato: è collegato alla nascita delle abitudini la corteccia cingolata anteriore sono collegate alle emozioni l’ippocampo è collegato alla memoria la corteccia prefrontale è collegato alla pianificazione l’amigdala al ragionamento La dopamina La dopamina è il neurotrasmettitore che permette la comunicazione tra i VTA e il resto della zona. Quando certe esperienze attivano i neuroni del VTA e rilasciano la dopamina, vengono classificate come piacevoli e verranno quindi ricordate ed associate ad eventi positivi, il che favorirà la ripetizione di queste azioni in futuro. La maggior parte delle sostanze sfrutta il sistema di ricompensa del cervello, rilasciando dopamina. Il rilascio della dopamina, attraverso l’uso di sostanze o comportamenti, può sovrastimolare il sistema, producendo una sensazione di piacere che ne aumenta il consumo. 3 sistemi di regolazione emotiva del limbico
Asse ipotalamo – ipofisi – surrene (HPA)
È un processo mentale in cui le associazioni tra un soggetto e un oggetto non rispondono a una relazione di causa-effetto, ma risultano collegate tra loro per somiglianza, simpatia oppure per contiguità, in quanto parti di un tutto. Credenza erronea È una modalità di pensiero che ci offre l’illusione che vi sia un collegamento tra eventi che tra loro non hanno alcuna relazione di causa-effetto o di influenza in alcun modo. La “logica magica” Non contiene il requisito scientifico della falsificazione. Nel caso in cui i fatti non si susseguano come previsto, difficilmente si sarà indotti a dubitare che la correlazione non esista. Potranno invece intervenire altri meccanismi di negazione, falsificazione o modifica della realtà, ad esempio:
Escape Mentire Crisi relazionali Riduzione degli impegni (affettivi, lavorativi, scolastici, ecc.) Perché si gioca d’azzardo Desiderio di cambiare/migliorare la propria vita Ricerca di competizione, socialità, ostentazione Regolazione dell’umore (ansia, depressione, stress) Brivido ed eccitazione Evasione e distrazione Costi Sociali Danneggiamento della rete familiare e sociale Usura Reati e coinvolgimento nella criminalità Stress e problemi fisici Suicidi Problemi lavorativi Costi sanitari e legali Perversione dell’economia Cambiamento di paradigma Da comportamento illegale e stigmatizzato a comportamento incentivato e socialmente accettato Perdita della distinzione tra lecito/illecito, utile/nocivo Difficoltà nel riconoscere segnali di rischio Mutamento dell’offerta di gioco: prima e oggi
Partecipazione continua ai gruppi di aiuto Fasi del Giocatore Patologico (Custer) Fase 1: Vincente
Nel 1995 Ivan Goldberg propone ironicamente di introdurre nel DSM una nuova sindrome: l’Internet Addiction Disorder, indicando i criteri diagnostici utili al riconoscimento di tale disturbo. Questo gesto ironico e provocatorio ha avuto un sorprendente impatto in ambito clinico, tanto che molti psichiatri e psicologi hanno iniziato a pensare che Goldberg potesse avere ragione, che veramente fosse possibile sviluppare una dipendenza da Internet. I primi studi sulla dipendenza da Internet I primi contributi teorici (Goldberg, 1996; Young, 1998; Young & Rogers, 1998) hanno evidenziato forti analogie tra l’uso problematico di Internet e i disturbi legati all’uso di sostanze o al controllo degli impulsi. Il tratto comune risiede nell’incapacità di resistere a un impulso — che si tratti dell’uso di una sostanza o della navigazione online — che finisce per interferire con il normale funzionamento dell’individuo (Davis, 2001; Young & Rogers, 1998). Un momento chiave nello sviluppo di questo ambito di ricerca è rappresentato dal test per la diagnosi dell’Internet Addiction Disorder (IAD), elaborato da Kimberly Young nel 1996. Da quel momento, gli studi sulla dipendenza da Internet hanno avuto un’ampia diffusione, alimentata anche da casi emblematici come quello della casalinga affetta da depressione che, abbandonando ogni attività quotidiana per rimanere connessa, suscitò all’epoca grande scalpore e preoccupazione. Fu proprio Young a coniare l’espressione “Internet Addiction” e a proporre un apposito strumento diagnostico, basato su otto criteri ispirati ai parametri utilizzati per identificare le dipendenze da sostanze. Secondo il suo modello, i segnali principali della dipendenza da Internet sono: Presenza di pensieri ossessivi legati alle attività online Necessità di trascorrere un tempo sempre maggiore su Internet per ottenere soddisfazione Ripetuti tentativi falliti di controllare, ridurre o interrompere l’uso di Internet Sintomi di astinenza come nervosismo, agitazione, depressione o irritabilità quando si cerca di diminuire il tempo online Trascorrere più tempo su Internet di quanto si era pianificato Compromissione significativa della vita relazionale, lavorativa o scolastica a causa dell’uso di Internet Tendenza a mentire ad altri per nascondere il proprio coinvolgimento online Utilizzo di Internet come mezzo per sfuggire ai problemi o alleviare uno stato emotivo negativo Questi elementi contribuirono a definire l’uso eccessivo di Internet come una nuova forma di dipendenza comportamentale, suscitando un acceso dibattito nel panorama scientifico e mediatico: una “nuova droga”, una “nuova minaccia” per la salute mentale.