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Fenomenologia in Heidegger e Husserl: Continuità e Differenze, Apuntes de Filosofía

RIASSUNTO DEL TESTO DI VON HERMANN "IL CONCETTO DI FENOMENOLOGIA IN HEIDEGGER E HUSSERL

Tipo: Apuntes

2018/2019

Subido el 21/07/2019

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diana-mercedes 🇮🇹

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Il concetto di fenomenologia in Heidegger e Husserl
Friedrich-Wilhelm von Hermann
Scopo del libro è indagare il concetto di fenomenologia nell’opera di Husserl e Heidegger, individuando
continuità e differenze. La posizione di fondo tra i due filosofi non risiede semplicemente nel fatto che se
per il primo la fenomenologia riguarda la coscienza, per l’altro ha come oggetto l’Esserci. Non è una
distinzione puramente tematica o oggettuale. Vi è, infatti, sempre un ambito comune che permane come
sfondo, al di là del diverso percorso intrapreso dagli autori. Von Hermann prende le mosse dal paragrafo 7
di “Essere e Tempo”, definito “tematico”. Qui Heidegger si richiama al proprio maestro in maniera
volutamente ambigua e indeterminata. Egli osserva che la fenomenologia non è una disciplina, come la
metafisica o l’ontologia, ma un metodo, o meglio “un concetto di metodo”, vale a dire, un metodo non
ancora determinato in base a delle regole e degli ambiti oggettuali. Essendo un metodo siffatto non è
subordinato né a un punto di vista né a una corrente. Heidegger pone il rifiuto del punto di vista e di una
direzione secondo due tonalità. La prima lo porta a convergere con la concezione husserliana della
fenomenologia, espressa secondo il principio dell’assenza di presupposti per un ritorno alle cose stesse.
Anche per Husserl, la fenomenologia è un metodo che non costituisce l’oggetto tematico della ricerca, ma il
come, il modo di condurla. Nella secondo tonalità, però, Heidegger prende le distanze da Husserl
sostenendo che, proprio perché libera da qualsiasi presupposto, la fenomenologia non può nemmeno
coincidere con qualsiasi corrente non solo filosofica, ma fenomenologica, già data. La fenomenologia è una
possibilità di metodo. Non si deve anticipare come essa debba essere. Questa è una delineazione del
metodo fenomenologico in chiave puramente negativa. In chiave positiva è centrale il principio del ritorno
alle cose come sono in stesse, strettamente associato, nella trattazione di Husserl, al concetto di
evidenza, ossia il pervenire delle cose alla vita spirituale. Heidegger mantiene l’importanza dell’evidenza,
senza caricarla del significato datogli dal filosofo di Loviano. Elabora quindi una distinzione tra concetto
formale e concetto fenomenologico di fenomenologia. L’aspetto che accumuna Heidegger a Husserl si
ferma al concetto formale di fenomenologia. Le differenze emergono invece quando si tratta di de-
foramlizzare tale concetto. Per concetto formale di fenomenologia si intende la delineazione della disciplina
indipendentemente dal suo rapportarsi a un contenuto concreto. Heidegger analizza le due componenti
della parola fenomenologia: il fenomeno e il logos. Fenomeno è ciò che si mostra in sé stesso , vale a dire
ciò che è manifesto e, manifestandosi in sé stesso, senza altro, è proprio com’è, cioè vero. Heidegger ritiene
che questo concetto di fenomeno sia limitato dalla parvenza e dalla apparizione. La parvenza è il
manifestarsi di qualcosa per come non è. L’apparizione è l’annunciarsi di qualcosa (e si badi, non il
manifestarsi!) mediante il mostrarsi di qualcos’altro. Esempio di Heidegger: una malattia che si annuncia
dal rossore della pelle. Nel rossore non si mostra la malattia, ma si annuncia. Il logos è invece un mostrante
lasciar vedere. Il logos della fenomenologia accade in quanto è diretto a mostrare e dimostrare, cioè come
esibizione e dimostrazione immediata di ciò che si mostra in sé stesso. Notiamo qui una continuità con
Husserl. Heidegger guadagna il proprio concetto di fenomenologia radicalizzando e portando alle estreme
conseguenze il ritorno alle cose stesse proclamato dal suo predecessore. Veniamo ora alla
deformalizzazione. Si tratta di rapportare la fenomenologia ad un oggetto. La deformalizzazione avviene in
vista dell’ente o dell’essere. Per ente si intende l’uomo, le cose artificiali e le cose naturali. Ciascuno appare
e si manifesta in sé stesso. L’ente inteso come appare e si manifesta in sé stesso costituisce il campo del
concetto ordinario di fenomeno. Si badi, da esso è esclusa ogni esperienza pre-scientifica o naturale, val a
dire, qualsiasi esperienza sensibile o non inclusa nella ricerca scientifica. Quando la fenomenologia si
rivolge all’essere, abbiamo il concetto fenomenologico di fenomenologia, vale a dire il concetto
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Il concetto di fenomenologia in Heidegger e Husserl

Friedrich-Wilhelm von Hermann

Scopo del libro è indagare il concetto di fenomenologia nell’opera di Husserl e Heidegger, individuando continuità e differenze. La posizione di fondo tra i due filosofi non risiede semplicemente nel fatto che se per il primo la fenomenologia riguarda la coscienza, per l’altro ha come oggetto l’Esserci. Non è una distinzione puramente tematica o oggettuale. Vi è, infatti, sempre un ambito comune che permane come sfondo, al di là del diverso percorso intrapreso dagli autori. Von Hermann prende le mosse dal paragrafo 7 di “Essere e Tempo”, definito “tematico”. Qui Heidegger si richiama al proprio maestro in maniera volutamente ambigua e indeterminata. Egli osserva che la fenomenologia non è una disciplina, come la metafisica o l’ontologia, ma un metodo, o meglio “un concetto di metodo”, vale a dire, un metodo non ancora determinato in base a delle regole e degli ambiti oggettuali. Essendo un metodo siffatto non è subordinato né a un punto di vista né a una corrente. Heidegger pone il rifiuto del punto di vista e di una direzione secondo due tonalità. La prima lo porta a convergere con la concezione husserliana della fenomenologia, espressa secondo il principio dell’assenza di presupposti per un ritorno alle cose stesse. Anche per Husserl, la fenomenologia è un metodo che non costituisce l’oggetto tematico della ricerca, ma il come, il modo di condurla. Nella secondo tonalità, però, Heidegger prende le distanze da Husserl sostenendo che, proprio perché libera da qualsiasi presupposto, la fenomenologia non può nemmeno coincidere con qualsiasi corrente non solo filosofica, ma fenomenologica, già data. La fenomenologia è una possibilità di metodo. Non si deve anticipare come essa debba essere. Questa è una delineazione del metodo fenomenologico in chiave puramente negativa. In chiave positiva è centrale il principio del ritorno alle cose come sono in sé stesse, strettamente associato, nella trattazione di Husserl, al concetto di evidenza, ossia il pervenire delle cose alla vita spirituale. Heidegger mantiene l’importanza dell’evidenza, senza caricarla del significato datogli dal filosofo di Loviano. Elabora quindi una distinzione tra concetto formale e concetto fenomenologico di fenomenologia. L’aspetto che accumuna Heidegger a Husserl si ferma al concetto formale di fenomenologia. Le differenze emergono invece quando si tratta di de- foramlizzare tale concetto. Per concetto formale di fenomenologia si intende la delineazione della disciplina indipendentemente dal suo rapportarsi a un contenuto concreto. Heidegger analizza le due componenti della parola fenomenologia: il fenomeno e il logos. Fenomeno è ciò che si mostra in sé stesso, vale a dire ciò che è manifesto e, manifestandosi in sé stesso, senza altro, è proprio com’è, cioè vero. Heidegger ritiene che questo concetto di fenomeno sia limitato dalla parvenza e dalla apparizione. La parvenza è il manifestarsi di qualcosa per come non è. L’apparizione è l’annunciarsi di qualcosa (e si badi, non il manifestarsi!) mediante il mostrarsi di qualcos’altro. Esempio di Heidegger: una malattia che si annuncia dal rossore della pelle. Nel rossore non si mostra la malattia, ma si annuncia. Il logos è invece un mostrante lasciar vedere. Il logos della fenomenologia accade in quanto è diretto a mostrare e dimostrare, cioè come esibizione e dimostrazione immediata di ciò che si mostra in sé stesso. Notiamo qui una continuità con Husserl. Heidegger guadagna il proprio concetto di fenomenologia radicalizzando e portando alle estreme conseguenze il ritorno alle cose stesse proclamato dal suo predecessore. Veniamo ora alla deformalizzazione. Si tratta di rapportare la fenomenologia ad un oggetto. La deformalizzazione avviene in vista dell’ente o dell’essere. Per ente si intende l’uomo, le cose artificiali e le cose naturali. Ciascuno appare e si manifesta in sé stesso. L’ente inteso come appare e si manifesta in sé stesso costituisce il campo del concetto ordinario di fenomeno. Si badi, da esso è esclusa ogni esperienza pre-scientifica o naturale, val a dire, qualsiasi esperienza sensibile o non inclusa nella ricerca scientifica. Quando la fenomenologia si rivolge all’essere, abbiamo il concetto fenomenologico di fenomenologia, vale a dire il concetto

autenticamente filosofico. Un tale sguardo implica qualcosa che non si mostra alle scienze né all’esperienza naturale. Heidegger affronta quattro questioni relative al concetto fenomenologico di fenomeno.

  1. L’ambito in cui tale concetto emerge e la differenza tra il concetto fenomenologico e quello ordinario di fenomeno. 2) Il concetto di fenomeno è comune alla filosofia e alle scienze. Tuttavia, queste ultime non hanno accesso al fenomeno in senso fenomenologico. Ne segue segue che il fenomeno fenomenologico emerge solo tramite la filosofia. 3) Il fenomeno fenomenologico è ciò che si mostra in modo non ordinario. Non si tratta né dell’ente oggetto delle scienze, né dell’ente naturale e tantomeno quello dell’esperienza quotidiana. 4) Il fenomeno fenomenologico abbisogna di una dimostrazione esplicita. “Dimostrazione esplicita” sta per una dimostrazione privilegiata, specifica, ossia diversa da quella impiegata dalla scienza. Conclusione: il fenomeno in chiave fenomenologica non riguarda né la scienza, né l’accesso ordinario. Non coincide con l’ente nel suo complesso o con un ente determinato. Essendo un fenomeno, ha però dei legami con l’ente e le scienze. Si tratta di qualcosa che per lo più non si manifesta e che ha bisogno di una dimostrazione esplicita per poter diventare fenomeno. La fenomenologia come metodo rende possibile detta dimostrazione. Il legame che il fenomeno fenomenologico ha con le scienze e gli enti consiste nell’essere il loro senso e fondamento. Il senso e il fondamento dell’ente e delle discipline che lo riguardano non è che l’essere. Vi sono vari modi dell’essere. Heidegger distingue l’esistenza, per il Dasein, e l’essere- utilizzabile per le cose. Come l’ente è tale per l’essere, così i mezzi alla mano sono tali per il loro essere- utilizzabili. In altri termini, prima di utilizzarli dobbiamo comprenderli come utilizzabili e li comprendiamo come utilizzabili se ci rapportiamo al loro essere-utilizzabile. Io posso comportarmi in un certo modo verso l’ente poiché la mia comprensione lo ha preliminarmente colto nel suo essere. Ora, il Dasein stesso è un ente. Il suo essere è l’esistenza. Heidegger definisce il Dasein come l’ente nel cui essere ne va di questo essere stesso. Ciò significa che il mio essere non mi è dato una volta per tutte. Rapportandomi a me, comprendendo il mio essere, io esisto, sono. Come avviene nei confronti dell’ente intramondano, anche per l’esistenza io mi rapporto al mio essere stando sempre all’interno di una sua comprensione preliminare. Il Dasein si comporta rispetto a sé stesso, dopo aver compreso il proprio essere. Tuttavia, si badi: la comprensione è essa stessa un modo di essere. Il comprendere non è un’astratta funzione conoscitiva, ma una modalità dell’esistenza. Essendo il mio essere, l’esistenza è anche ciò che mi determina. Anche nei miei comportamenti. Dal momento che io esisto, rapportandomi all’ente difforme da me, mi rapporto, nell’ambito dell’esistenza che mi determina, a me. Riepilogando, il rapporto verso me stesso viene reso possibile dalla comprensione preliminare del mio essere, quello verso l’ente, dalla comprensione preliminare dell’essere-utilizzabile. Il rapportarmi all’ente intramondano, infine, è sempre un autorapporto. Dalle considerazioni fatte derivano poi due ordini di conseguenze. Anzitutto: l’essere non è l’ente. In secondo luogo, l’esistenza è differente dall’ente esistente. Fin dall’inizio, il Dasein per potersi riferire a sé stesso o all’ente difforme deve comprendere l’essere. L’essere si dà nella comprensione preliminare o nell’apertura. L’apertura, conseguentemente, è duplice. Riguarda il soggetto e l’ente intramondano. Distinguiamo un’apertura soggettivo-estatica dall’apertura orizzontale, riguardanti, rispettivamente, il Dasein e il mondo. La totalità di questa apertura è il Dasein. La parola Dasein contiene “sein”, cioè l’essere o esistenza, e il prefisso “da-“ l’apertura. La mia esistenza include tanto l’apertura soggettivo-estatico quanto quella orizzontale. Ritornando al concetto fenomenologico di fenomeno, Heidegger mostra che l’apertura è la condizione per il darsi dei fenomeni. Essa è la datità dell’essere, datità che rimane nascosta e occultata nel mostrarsi dei singoli enti. Per questo va svelata tramite il logos della fenomenologia. Il senso dell’Esserci è l’apertura completa, sia estatica che orizzontale. La sua tematizzazione è l’Analitica esistenziale. Per quanto riguardo Husserl, abbiamo visto che il suo concetto formale di fenomeno si avvicina a quello di Heidegger nel predicare l’evidenza e l’immediatezza del manifestato. Ad allontanare allievo e maestro è invece il senso fenomenologico del fenomeno. Per Husserl tale senso consiste nel superare la concezione naturale, in cui i fenomeni, ossia gli atti di coscienza, non vengono tematizzati, per cogliere

consiste nell’approfondire quanto a fondo la posizione dell’esserci segna un abbandono dalla posizione della coscienza.